Tradimenti e segreti in un noir ambientato nella Brianza degli anni ’80

Diletta Rossi

Luglio 28, 2025

Michele Brambilla, nel suo libro “Non è successo niente di grave” (Baldini+Castoldi, pag. 180, euro 19,00), ci riporta indietro nel tempo, precisamente al 7 marzo 1980, nella cittadina di Besana Brianza. Un giovane cronista del Corriere d’Informazione riceve una telefonata inquietante nel cuore della notte. Dall’altro capo della linea, un messaggio che non lascia spazio a dubbi: “Alza le chiappe, hanno ucciso una donna“. Così inizia un’avventura che lo porterà a immergersi in uno dei casi di cronaca nera più affascinanti della storia italiana, tra verità scomode e inganni.

Un noir che esplora il femminicidio

La narrazione di Brambilla si sviluppa attorno a una tragedia che oggi potremmo definire un femminicidio, ma che, nel contesto del 1980, sarebbe stata considerata un semplice omicidio. La società dell’epoca, infatti, non attribuiva la stessa gravità a questi crimini. Il racconto si svolge tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, in una Brianza apparentemente tranquilla e prospera, ma che nasconde sotto la superficie una realtà ben diversa.

La vittima, Caterina Besozzi, una dottoressa di 34 anni, è al centro di una vicenda che rivela segreti e passioni inconfessabili, coinvolgendo figure di spicco della comunità locale, dai mariti infedeli con vite segrete ai rappresentanti delle istituzioni. La complessità del caso si intreccia con la vita del giovane reporter, il quale si trova a dover affrontare non solo il giallo dell’omicidio, ma anche le dinamiche sociali e culturali di una provincia che, a causa di questo delitto, verrà scossa fino alle fondamenta.

Il contesto sociale e culturale del delitto

Il racconto di Brambilla va oltre il semplice fatto di cronaca, ponendo l’accento su una provincia caratterizzata da silenzi e ipocrisie. La storia si snoda tra le pieghe di una società che conosce molte verità, ma che fatica a esprimerle. La morte di Caterina Besozzi non è solo un evento tragico, ma un catalizzatore che mette in luce le contraddizioni di un’epoca e di un luogo.

La narrazione si concentra su come il delitto influenzi non solo il giovane cronista, ma anche l’intera comunità. Le vite di chiunque fosse collegato a Caterina vengono stravolte, rivelando un tessuto sociale intriso di segreti e relazioni ambigue. La scoperta della verità diventa un viaggio che trascende il mero fatto di cronaca, portando il lettore a riflettere su questioni di genere, giustizia e moralità.

Il libro di Michele Brambilla si presenta quindi come un’opera che, pur radicandosi in un fatto specifico, riesce a sollevare interrogativi universali, rendendo la storia di Caterina Besozzi non solo un caso di cronaca, ma un simbolo di una lotta più ampia contro l’ingiustizia e l’oppressione.