In Italia, più di 1 milione e 250mila persone convivono con sindromi ereditarie che aumentano il rischio di sviluppare tumori. Tuttavia, si stima che circa l’85% di queste persone non sia a conoscenza della propria condizione, poiché non ha avuto accesso ai test genetici necessari per identificarla. La recente innovazione tecnologica ha reso disponibili strumenti come il Next Generation Sequencing (Ngs), che permettono di eseguire analisi genetiche a costi ridotti e in tempi più brevi. Nonostante questi avanzamenti, la situazione in Italia rimane disomogenea, poiché solo alcune Regioni hanno implementato i Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (Pdta) per le persone con alto rischio eredo-familiare.
Situazione attuale e statistiche
Nel 2024, in Italia sono state registrate circa 390.100 nuove diagnosi di cancro. Di queste, circa il 10% è attribuibile a sindromi ereditarie. I tumori più frequentemente associati a queste sindromi includono quelli alla mammella, all’ovaio, alla prostata, al pancreas, al colon-retto e all’endometrio. Saverio Cinieri, presidente della Fondazione Aiom, sottolinea l’importanza di identificare i casi a rischio partendo dalla persona già colpita dal tumore, per poi estendere i test genetici ai familiari sani. Per i membri della famiglia che risultano portatori di varianti patogenetiche, sono disponibili percorsi di prevenzione primaria, come la chirurgia profilattica, che hanno dimostrato di migliorare le prospettive di sopravvivenza.
Il carcinoma ovarico è stato un modello per l’implementazione dei test genetici, consentendo di definire la sensibilità individuale alla terapia mirata. Le analisi genetico-molecolari sono ora parte integrante del trattamento di diverse neoplasie, non solo dell’ovaio, ma anche della mammella e della prostata. La diffusione dei test genetici predittivi offre la possibilità di identificare i familiari portatori di varianti genetiche, aumentando così le opportunità di intervento preventivo.
Ostacoli e opportunità nella prevenzione
Nonostante i progressi, persistono vari ostacoli organizzativi che limitano l’accesso ai Pdta per le persone ad alto rischio eredo-familiare. Attualmente, non tutte le Regioni italiane hanno implementato tali percorsi, creando disuguaglianze nell’accesso alle cure. Secondo le stime, in Italia ci sono 387mila cittadini portatori di varianti patogenetiche nei geni Brca1 e Brca2, 625mila con varianti in altri geni del sistema di ricombinazione omologa, e 215mila con difetti nei geni del mismatch repair.
Il Piano oncologico nazionale 2023-2027 include un capitolo specifico dedicato allo screening e alla gestione personalizzata per i cittadini ad alto rischio eredo-familiare. Adriana Bonifacino, fondatrice della Fondazione IncontraDonna, evidenzia come l’introduzione della sorveglianza attiva per le donne a rischio genetico di tumore alla mammella e all’ovaio rappresenti un passo significativo verso una prevenzione più efficace.
Verso una maggiore integrazione nella cura
La Fondazione IncontraDonna, in collaborazione con le istituzioni, auspica ulteriori progressi, inclusa l’introduzione di un codice nazionale di esenzione per gli uomini portatori di mutazioni Brca1 e Brca2, garantendo loro il diritto alla sorveglianza per i tumori correlati. Sarà altresì fondamentale sviluppare percorsi specifici per le donne ad alto rischio con evidenza di familiarità e seno denso, superando le attuali disomogeneità .
La presenza di professionisti con competenze integrate è cruciale in tutte le fasi del percorso diagnostico e terapeutico per le persone portatrici di sindromi ereditarie. La consulenza genetica oncologica rappresenta il primo passo per valutare il profilo di rischio e l’eleggibilità al test genetico, consentendo di avviare un programma di gestione del rischio personalizzato.