Oggi, il festival di Giffoni, che si svolge nella cittadina campana, ha accolto una forte emozione legata alla memoria di Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa il 22 giugno 1983. La sua figura è tornata a brillare nei cuori dei tanti teenager presenti, grazie alla proiezione del documentario intitolato “42”, che segna gli anni trascorsi dalla sua scomparsa. Questo progetto, realizzato con il supporto dei familiari di Emanuela, tra cui il fratello Pietro e le nipoti Elettra e Rebecca, ha l’obiettivo di raccontare la sofferenza e la lotta di una famiglia che non ha mai smesso di cercarla.
Il documentario e la sua realizzazione
Il documentario “42” non è un’opera di inchiesta tradizionale, ma un racconto intimo e personale della vita di una famiglia colpita da una tragedia. Pietro Orlandi, parlando con i giornalisti dell’ANSA, ha descritto il film come un lavoro “condiviso” e “familiare”, sottolineando l’importanza di rappresentare le emozioni e le esperienze di chi vive quotidianamente il dolore della scomparsa di un proprio caro. Emanuela, che non è mai stata ritrovata, continua a essere cercata con la stessa determinazione di un tempo. Il documentario non si limita a presentare le indagini, ma si concentra sul vissuto di chi attende una verità che sembra sfuggire.
Le indagini in corso
Pietro Orlandi ha espresso fiducia nelle istituzioni, evidenziando l’esistenza di tre inchieste attualmente aperte: una in commissione parlamentare, una condotta dalla Santa Sede e una della procura di Roma. “Dopo 42 anni, avere tre inchieste aperte non è normale”, ha dichiarato Orlandi, che ha anche messo in guardia contro coloro che ostacolano la ricerca della verità . La sua speranza è che, nonostante le difficoltà , si possa finalmente arrivare a una conclusione. “Ho la certezza che si arriverà alla verità “, ha affermato con forza, sottolineando che la verità non può rimanere nascosta per sempre.
Il rapporto con il Vaticano e lo Stato
Orlandi ha condiviso il suo rammarico per il trattamento ricevuto dal Vaticano, un’istituzione che un tempo considerava “casa”. Ha espresso il dolore di sentirsi abbandonato dalla Chiesa, che, secondo lui, ha voltato le spalle alla sua famiglia nel momento di maggiore bisogno. “Mio padre, prima di morire, disse: ‘Sono stato tradito da chi ho servito'”, ha ricordato, evidenziando un sentimento di tradimento che persiste. Tuttavia, la sua determinazione a lottare per la verità rimane intatta.
Un appello ai giovani
Durante il suo intervento al festival, Pietro Orlandi ha lanciato un appello ai giovani presenti, esortandoli a non accettare passivamente le ingiustizie, siano esse grandi o piccole. Ha affermato che la ricerca della verità e della giustizia dovrebbe essere un obiettivo comune, auspicando che il sacrificio di Emanuela possa contribuire a una maggiore consapevolezza e cambiamento nelle coscienze delle persone. La sua voce risuona non solo come un grido di dolore, ma anche come un invito all’azione e alla speranza.